Il protagonista è Giovanni Drogo, un giovane e speranzoso tenente mandato in servizio presso un non meglio identificato distaccamento militare ai confini del mondo, la “Fortezza Bastiani”, relegata in cima ad un’impervia montagna e che da subito appare come sospesa tra sogno e veglia.
La Fortezza, un tempo scenario di grandi battaglie, è ora un avamposto abbandonato e pressoché dimenticato, ma che vincola a sé tutti i militari del battaglione per il senso di perenne attesa di un nemico che ci aspetta giunga dalla frontiera e che rappresenta il sogno di una gloria da conquistare e di un destino su cui riporre la propria fiducia.
Quando Drogo giunge alla Fortezza, è convinto di trascorrere in quel luogo desolato solo qualche mese, per poi tornare alla vita normale.
Dopo poco però, la pacata e monotona vita della Fortezza Bastiani, la disciplina militare, gli orari dell’esistenza comunitaria e la convinzione o illusione che di lì a poco il nemico arriverà, fanno presa su Giovanni Drogo che, senza rendersene conto, trascorre in quel luogo remoto tutti gli anni della sua esistenza.
Per Drogo, così come per i commilitoni, la speranza di veder comparire un nemico all’orizzonte si trasforma a poco a poco quasi in un’ossessione metafisica, in cui si fondono il desiderio di eroismo e la necessità dell’uomo di dare un senso alla propria esistenza.
Mentre trascorrono i decenni, e mentre si seguono le vite degli altri soldati della Fortezza, Drogo rimane fatalmente incatenato a questa condizione tra speranza e disillusione; quando, per una breve licenza, potrà rientrare nel mondo reale, percepirà tutto il senso di irreparabile distacco rispetto agli amici di un tempo e alla fidanzata.
L’arrivo del nemico, si rivela infine un momento simbolicamente unico: quando finalmente i Tartari, a lungo attesi, avanzano verso la Fortezza, Drogo, precocemente invecchiato, ammalato, viene frettolosamente congedato e trascorre la sua ultima notte in un’anonima locanda, sulla via del ritorno.
Il momento della morte diventa però per il protagonista una vera rivelazione: dopo un’esistenza spesa e sfumata nell’attesa di un evento che dia un senso alla propria vita, Drogo capisce, guardando la sua piccola porzione di stelle, che la vera vittoria è la sua.
NOTE DI REGIA
In passato ho già avuto modo di realizzare altri spettacoli tratti da testi di Buzzati, tra i quali “Sette Piani” e “Poema a Fumetti”, oltre alla fiaba “La meravigliosa invasione degli orsi in Sicilia” ed alcuni racconti, ed ora è arrivato il momento di portare in scena in suo capolavoro. Il mondo di Buzzati è affascinante e misterioso e ne “Il deserto dei Tartari”, il romanzo che segnò la sua vera consacrazione tra i grandi scrittori del Novecento italiano, sono presenti tutte le sue tematiche principali, oltre al suo immaginario onirico di paesaggi e personaggi.
Lo scrittore bellunese in un’intervista affermò che lo spunto per il romanzo, il cui tema portante è quello della fuga del tempo, era nato “dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita.
È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva”.
In questo tempo immobile eppure ritmato dalla concreta vita militare, la mia scelta è stata quella di non avere un unico protagonista: tutti gli attori saranno Drogo, seguendo non solo l’invecchiamento del protagonista, ma seguendo le emozioni che il passare tempo si modificano in Drogo come in ognuno di noi: dalla partenza fiduciosa all’attesa, alle delusioni, al sorriso del finale totalmente poetico.
Tutti gli attori aspetteranno ed affronteranno i loro Tartari, e così anche tutti gli spettatori saranno Drogo.
Accanto a Drogo e ai vari personaggi, avrà un ruolo importante anche la parte più letteraria del romanzo con l’intenzione di portarne in scena i momenti più descrittivi e poetici, attraverso le parole meravigliose di questo testo, e le immagini del pittore Dino Buzzati.
“Il deserto è un libro da leggere due volte: la prima per non capire nulla fino all’epilogo e lasciarsi sorprendere (l’effetto che Buzzati ricercava), la seconda per ricucire le trame e riconoscere a ritrovo le tante premonizioni. La vicenda è circolare e alla fine tutto torna.” (Cit. Lucia Bellaspiga)
Vorrei che questo spettacolo fosse una terza lettura possibile dell’infinito Dino Buzzati.
Paolo Valerio
> Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale