E LA NOTTE CANTA
di Jon Fosse
traduzione Graziella Perin
regia Valerio Binasco
con
Frédérique Lolièe, Valerio Binasco, Fabrizio Contri,
Aldo Ottobrino, Milvia Marigliano
scene Antonio Panzuto
assistente alla scenografia Alberto Nonnato
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
regista assistente Nicoletta Robello
produzione Teatro di Roma
2008
E la notte canta è una storia d’amore, di perdita e di bisogno intenso di una coppia che sviluppa il proprio difficile rapporto nel tempo di un pomeriggio e una notte. Sono “scena da un matrimonio” calate in una struttura teatrale formidabile che rende evidente come la convinzione di poter risolvere ogni problema attraverso una buona comunicazione sia una delle nostre principali illusioni.
Jon Fosse è il maggior drammaturgo norvegese vivente ed è tra le rivelazioni della scena europea degli ultimi anni. Le coordinate del suo scrivere per il teatro mirano a “intensificare il rapporto tra la scena e lo spettatore, creare qualche cosa di sconvolgente utilizzando il minimo dei mezzi”: Valerio Binasco prepara una messa in scena che punta diritto all’anima del testo e, senza soccombere alla seduzione di presunte letture psicologiche o puramente stilistiche, segue di pari passo la suspence con cui l’autore lega personaggi e accadimenti, in un movimento musicale lento e lacerante, per mettere in luce il progredire più nascosto delle vicissitudini umane.
La notte di cui parla il testo è quella definitiva per la coppia di sposi, quella, anche, che vede infrangersi il loro ultimo sogno di possibile felicità.
All’interpretazione concettuale Binasco preferisce una lettura reale e umana della storia, non per scartare la dimensione più profonda del testo, quel qualcosa che sfugge e sempre sottostà alla trama e la rende teatro che ci riguarda, ma per farlo più efficacemente lievitare.
“Ciò a cui i personaggi di Fosse si ribellano è la pazzia.
Ciò a cui si arrendono è la pazzia.
In Spettri di Ibsen, siamo minacciati dall’arrivo della pazzia perché il personaggio ha la sifilide. E ha la sifilide perché è un peccatore.
Ed è un peccatore perché suo padre lo era.
Siamo pieni di perché.
Questo dannato Fosse ci mette solo la minaccia della pazzia, e nemmeno la nomina mai.
La paura della pazzia, perché la pazzia è un incubo, fa parte di quel qualcosa che sta nascosto.”